Un errore grave

L’Isis sta vincendo la guerra in Siria

È chiaro che ci siamo sbagliati sulla primavera araba, perché non tutte le rivolte di piazza erano le stesse e non tutte hanno comportato un miglioramento delle condizioni della popolazione come pure si sperava. Un conto erano gli stati nazionali, un altro le dittature, un terzo i regimi che ne restavano immuni. Da occidentali abbiamo pensato di poter interpretare semplicemente fenomeni complessi e diversi con un nostro metro, convinti che la “liberazione”, quale noi la interpretiamo dai tempi della rivoluzione francese in avanti, disponesse di una matrice unica ed inconfondibile. Non è così, c’è anche una libertà che non serve a niente in termini di diritti civili, in quanto è il frutto di una uguale oppressione, quella religiosa. I valori occidentali non sono nemmeno lontanamente assimilabili a quelli che vediamo nel mondo arabo. L’Egitto, caduto Mubarak, stava per diventare una repubblica fondamentalista, la Libia è un caos primordiale e se la Tunisia è il paese che più ci assomiglia nelle istituzioni che si è date, resta evidente la minaccia terroristica che le si rivolge e che inizia a guardare persino a noi. Ma di tutti, l’errore più grave, lo abbiamo commesso in Siria, dove l’Is è nato ed è nato sfruttando la ribellione contro Assad. Il regime di Assad è uno dei più dispotici ed odiosi che si siano mai visti in medio oriente, ma ora che è prossimo alla disfatta, Palmira, è caduta, le conseguenze possono essere tragiche per l’intera regione. Perché dalla Siria all’Iraq, il califfato continua a conquistare posizioni, Mosul, Ramadi, Palmira. A questo punto Baghdad e Damasco, sono alla portata e se mai dovessero cadere, l’Is avrebbe vinto la guerra che non avrebbero persa il regime baath e il suo protettore iraniano, ma direttamente noi occidentali, incapaci di accorgerci in tutti questi anni, di che cosa davvero stesse succedendo. I primi che farebbero bene a farsi delle domande sono gli Stati Uniti d’America. Per ora non hanno saputo nemmeno darsi le risposte. L’Is è nato in Siria, per la semplice ragione che la Siria è ha maggioranza sunnita mentre l’Iraq è sciita. Dunque è difficile che le sue milizie possano davvero prendere Baghdad e poi tenerla, ma vi riuscirà, se la strategia americana confida di far combattere gli sciiti senza esperienza militare contro i sunniti che servivano Saddam e stavano nell’esercito prima di essere epurati dai loro avversari. È il pentagono ad averci insegnato che le guerre non si vincono con l’aviazione, ma con le truppe a terra. E cosa ha fatto Obama? Ha ritirato le truppe e mandato gli aerei e ora sta guardando l’Is diffondersi come l’olio versato. Alla Casa Bianca si sono riuniti in Consiglio di Guerra. Il punto è che l’amministrazione nega l’emergenza, quanto in verità siamo solo a cento chilometri da un disastro, quale la distanza che separa Ramadi da Baghdad. Fortunatamente Palmira è a più del doppio da Damasco. Il direttore della voce Repubblicana Pasquale Bandiera sulla base delle notizie della guerra in Vietnam nel 1968, era convinto che gli americani l’avrebbero vinta facilmente. Noi, a leggere le carte dovremmo oggi dire che continuando così sono senza speranza. Perché la storia non ci dia ragione, l’America deve cambiare strategia e farlo subito. Quanto all’Europa stendiamo un velo pietoso. Ci pensa Mogherini alla politica estera del nostro continente.

Roma, 21 Maggio 2015